L'IMMAGINE DELLO SCEMPIO
Da calabresi, la storia del San Vito-Marulla (scusateci San Vito e glorioso Gigi se dobbiamo accostare i vostri nomi ad una pagina nera della storia dello sport calabrese), ci suscita solo grandissima tristezza. Enorme, infinita.
Quel campo maldestramente rizollato in fretta e furia, nonostante la disponibilità di mesi e mesi per effettuare i lavori, quelle sedie d'ufficio trasformate in panchine, ma sopratutto tutta quella gente fuori dai cancelli in attesa di capire se poter assistere alla partita o meno, fanno gridare vendetta a chi ama ancora questo sport e continua a fare enormi sacrifici per seguire la squadra del cuore. Imperdonabile aver deluso loro, imperdonabile aver accampato scuse a quanto accaduto,. Ci si cosparga il capo di cenere e si rifletta, in silenzio.
Si, perché la Calabria, tra le migliaia di problematiche ataviche che la stanno distruggendo, per quanto concerne lo sport sta sempre più volgendo ad un abbrutimento dal quale poi è difficile tornare. Impianti vetusti, lavori infiniti, querelle interminabili, burocrazie invadenti, strategie assenti. Le infrastrutture sportive sono quasi tutte al collasso, senza via di scampo.
Il San Vito è la punta dell'iceberg e quella che ancora una volta ha "consacrato" la disorganizzazione politica e amministrativa della regione, ma nei piani inferiori c'è da mettersi le mani ai capelli. Tantissime squadre costrette a dimentarsi per trovare un campo degno di tale nome, duelli tra concessioni, carte bollate e documenti che spariscono nottetempo: un disastro.
E oramai il virus ha coinvolto anche il calcio Prof. Cosenza non sia considerata come un caso isolato, le altre che non dormino sonni tranquilli: questa è la Calabria bellezze, dove c'è il bello assoluto (le meraviglie naturali) e il brutto infinito.
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